io e Famiglie Arcobaleno
Sono stata socia di Famiglie Arcobaleno fin dalla sua origine, invitata da compagne milanesi. Sono stata una delle prime ricercatrici a occuparmi di maternità delle lesbiche: il mio libro “Io ho una bella figlia” è ormai maggiorenne, fu pubblicato 18 anni fa. Ero indignata dal fatto che il dibattito sulle famiglie fondate o composte da coppie lesbiche, l’enorme maggioranza delle famiglie cosiddette “omogenitoriali”, fosse messo sotto il tappeto, davanti al molto meno urgente discorso delle “adozioni ai gay”, che la chiesa cattolica infamava insinuando sospetti di pedofilia (de te fabula narratur). Nella sezione libri di questo sito è possibile leggere il mio commento al dibattito di quegli anni, tratto dal libro.
In Famiglie Arcobaleno ho fatto parte, insieme a Chiara Cavina, Rossana Carbone e altre, del gruppo Socio-psico-pedagogico, incaricato – con apporti di avvocate – di redarre una Carta etica, che esprimesse le posizioni dell’Associazione in assenza di una giusta legge che regolasse i rapporti tra genitori e tra genitori e figli nelle famiglie fondate da coppie dello stesso sesso. Questa è la carta che elaborammo per il congresso di Prato, pubblicata in Crescere in famiglie omogenitoriali: Una proposta di autoregolazione per lesbiche e gay che decidono di avere figli, di Rossana Carbone, Daniela Danna, Alessandra Rossari, Maria Grazia Sangalli.
Il punto della carta in cui – in sostanza – proponevamo di rifiutare i contratti di surrogazione, in quanto coercitivi sulla reale volontà della donna che materialmente fa un bambino (conosciuta anche come “la madre” – sicuramente naturale/di nascita anche se non necessariamente madre sociale) avendo promesso ancora prima di rimanere incinta di darlo ad altri, non fu nemmeno discusso. Al congresso di Prato Tommaso Giartrosio si mise a urlare per bloccare il dibattito. Nessuno fu cacciato, né io, né le altre proponenti della Carta.
I tentativi di censurare ogni riflessione sulla maternità per altri proseguirono in mailing list. Ho contribuito con diversi interventi e anche uno scritto piuttosto lungo sulla differenza sessuale, ora sul mio sito. In cambio, sono stata oggetto di violenza sessuale verbale. Quando invocai l’intervento della moderatrice della mailing list, Giuseppina LaDelfa, lei invitò sia me che il gay che mi insultava (ho il file e posso ricostruire almeno il nome e il nick, volendo) a moderare i toni, invece di espellere o per lo meno redarguire l’autore dell’attacco violento. Non rimango in situazioni di violenza, quindi sono uscita dalla mailing list. Tecnicamente sono ancora socia dell’associazione.
Nel frattempo (ma in realtà lo era anche allora, con una posizione che all’epoca non fu dibattuta in nessun luogo associativo – dopo, non so) Famiglie Arcobaleno è diventata l’unica associazione italiana a richiedere l’introduzione dei contratti di surrogazione, che legalmente ricattano economicamente le donne che hanno promesso un figlio ad altri, impedendo loro di continuare, se così lo desiderano, il loro rapporto materno con il/la neonata/o. Questi contratti sono un’aberrazione etica, un atto di violenza contro le donne, e violano il diritto alla vita familiare che si trova ad esempio nella Convenzione di Stoccolma e anche nella Convenzione Europea sui Diritti Umani. Avvallano una concezione della maternità come una sorta di lavoro fatto a beneficio di altri, senza nessun riguardo per i sentimenti e le emozioni di madri e di neonati/e. Questa la parabola di Famiglie Arcobaleno.