Comincia ad esserci interesse per il mio lavoro Contract Children. Questioning surrogacy, uscito per Ibidem lo scorso mese, benché in inglese. Ringrazio Simonetta Robiony per il suo, che ha dato luogo alla pubblicazione su Se non ora quando-Libere di un’intervista che ha bizzarramente intitolato “Surrogata? Solo per le donne” (vedi qui), simpaticamente inserendo anche dei miei presunti dubbi su quello che affermo.
Preciso quindi che non ho avuto l’opportunità di rivedere il “virgolettato” (e a maggior ragione anche il titolo è al di fuori del mio controllo), e invito pertanto chi sia interessat* alle mie tesi ed opinioni a contattarmi direttamente presso l’Università di Milano (nonché a leggere il mio ultimo libro).
A questo proposito pubblico di seguito la lettera che ho inviato a L’Internazionale come diritto di replica rispetto appunto alla citazione di seconda mano fatta da Chiara Lalli. Il mio interesse e la mia riflessione sulla maternità per altri sono ormai quasi decennali e non è difficile assicurarsi in prima persona di quello che penso e che scrivo, nonostante la censura prima di Famiglie Arcobaleno (di cui facevo parte) quando il direttivo rifiutò di discutere il punto relativo nella Carta Etica del 2007 e poi dai Quaderni Viola (vedi qui).
“Il 4 novembre Chiara Lalli ha citato una giornalista che mi ha intervistata a proposito del mio libro appena pubblicato: Contract Children, Questioning surrogacy (Ibidem, Stoccarda). Vorrei chiarire la mia posizione sulla questione che io chiamo maternità per altri (la donna “portatrice” non è un surrogato, è proprio la madre). Di questa “attività” Lalli afferma che non sarebbe importante la sua gratuità o meno. Ma se non è gratuita diventa la compravendita di un neonato/a. Non si tratta quindi di scegliere per una donna cosa fare del proprio corpo, ma cosa fare di un altro essere umano. Quanto a chi sia la madre, anche se la fecondazione avviene in vitro con l’ovulo di un’altra donna, questo non cambia l’esperienza materna: la gravidanza e il parto. Quello che accade è che anche le donne da cui provengono gli ovuli condividono la posizione paterna: l’attesa dall’esterno di un/a bambino/a con cui si ha un legame genetico, e attraverso la relazione con la madre.”
Daniela Danna – Milano