Hai mai sentito svantaggi nell’essere donna? No. Mi sono sentita svantaggiata, più per come mi sento, per come sono le mie capacità di avere a che fare col mondo, per il modo in cui il mio cervello pensa, e non penso che sia il cervello femminile in generale. Quando ho sentito questi svantaggi, e le lotte che ho dovuto fare, è stato più per come io penso e come vedo le cose, non perché sono femmina. Penso comunque di essere molto fortunata a essere cresciuta in quell’epoca in Irlanda. Sono nata nel 1954, e quando sono arrivata negli Stati Uniti per studiare al college avevo diciotto anni. Per le esperienze che ho fatto al college, non c’era differenza tra uomini e donne. Anche quando mi sono sposata, non avevamo ruoli tradizionali, ci spartivamo le faccende di casa e a lui piaceva pulire e far da mangiare, più di quanto non piacesse a me. Io non volevo fare il suo bucato, non ho voluto prendere il suo nome. Ho vissuto con molta libertà, non ho mai sentito come uno svantaggio il fatto di essere una donna, per niente. Come hai capito di essere femmina, da piccola? Io, di tutti i miei fratelli e sorelle, ero quella che combinava casino. Se riesco a ricordare… Credo di aver sempre pensato a me stessa come una donna – prima una ragazza e poi una donna. Potrebbe non essere vero, ma i miei ricordi del rapporto con i miei fratelli e sorelle sono molto più vivi, così come del rapporto con mia madre. Il fatto di avere a che fare con una madre che spesso è arrabbiata. Non mi ricordo bene quando ho pensato la prima volta di essere una donna… probabilmente quando a mia sorella hanno dato il primo reggiseno per fare sport. Io ero molto indietro nello sviluppo, anche quando sono arrivata alla sua età non ero ancora pronta per averne uno. Era una cosa che mi imbarazzava molto, ricordo, perché tutte le ragazze ne avevano uno. Le mie amiche hanno avuto le mestruazioni prima di me, e portavano il reggiseno. Quando ho pensato di essere abbastanza vecchia, ho trovato il primo reggiseno di mia sorella e l’ho provato, poi ho chiesto a mia mamma il permesso di indossarlo. È stato un momento importante. E poi, credo, ero impaziente di averlo perché ero diversa e mi prendevano in giro. La lezione di ginnastica era dura per me, perché qualche volta facevamo ginnastica insieme ai ragazzi, che ridevano di me perché avevo il petto piatto. Ed è stato allora che ho cominciato a sentirmi imbarazzata, prima non penso che me ne importasse un granché, anzi proprio per niente. Veramente il momento in cui ho voluto sembrare una donna come le altre è quando hanno cominciato prendermi in giro per il fatto che non sembravo una donna mentre le mie amiche sì. Che cosa signifca per te essere una donna adesso? È una cosa che adoro! Per me essere una donna significa esser una persona che è molto in contatto con i suoi sentimenti e con quelli delle altre persone: una persona che vuole essere sempre con gli altri, in comunità, parlare con gli altri e condividere, anche nutrire gli altri. Non tanto per proteggerli, ma per essere sempre parte della vita di altre persone. Per me essere femmina è quasi come includere il maschile. Non proprio nel senso di avere dentro di sé il maschile, le caratteristiche maschili, ma più perché sento che le femmine sono persone a tutto tondo, che usano tutte le parti del loro cervello. Sono molto contenta di essere una femmina, e ho avuto dei grandi modelli di ruolo. Un mio modello, nella prima parte della mia vita, è stata una donna che mi ha insegnato a essere molto indipendente, una donna molto forte, con una carriera. Era un’inglese. Ho avuto delle amicizie così belle, nelle quali ho davvero sperimentato e vissuto come le donne possono sentirsi così vicine le une alle altre, avere amicizie grandi. Io non credo che il significato di essere donna stia nell’essere madre, anche se per me la maternità è una parte che esprime il fatto che le donne sono molto intimamente coinvolte nelle vite delle altre persone, e condividono e incoraggiano. Significa anche lasciare che le altre persone ti incoraggino e ti insegnino. Per esempio lo fanno i figli quando crescono: è un percorso a due vie. Io ho cinque figli, cinque figli meravigliosi. Ora vivo molto nel presente, potrei dirti che cosa significa per me ora averli, non quando ero incinta – perché ogni volta è stato diverso, essere in gravidanza e poi crescerli, nutrirli. Mi è piaciuto molto, mi è proprio piaciuto vedere queste piccole persone crescere e le loro personalità svilupparsi.
nessuna colpa, nessuna vergogna!
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