di Alessia Muroni. (xxd 3, dicembre 2010)
LE DONNE SONO UTILI OGGETTI, CHE POSSONO AGEVOLMENTE CELEBRARE INTESE POLITICHE ED ALLEANZE TRA POPOLI. IN PIÙ, A LORO ESSERE BRUTALIZZATE PIACE. PER QUESTO, NELL’VIII SECOLO AVANTI CRISTO…
Roma, intorno al 752 a. C. Nella nuova città fondamentalmente ci si annoia. Soprattutto, pare, scarseggiano le donne. Dunque si chiamano tutte quelle tribù dei dintorni con i nomi buffi, i Ceninensi, i Crustumini e gli Antemnati, ma soprattutto si invitano i Sabini. Quei burini infatti, fabbricano donne a tutto spiano. Scoppiano di donne, quelli di Tito Tazio. E quindi quel lontano 21 agosto saranno gli ospiti d’onore di una festa, il cui ricordo rimarrà nei secoli: canti, danze, sacrifici agli dei, pop corn, zucchero filato, il circo e, quando iniziano i giochi sacri… “allora, come convenuto, scoppiò un tumulto e la gioventù romana, a un preciso segnale, si mise a correre all’impazzata per rapire le ragazze. Molte finivano nelle mani del primo in cui si imbattevano: quelle che spiccavano sulle altre per bellezza, destinate ai senatori più insigni, venivano trascinate nelle loro case da plebei cui era stato affidato quel compito”. Il nostro antico cronista, nel gran parapiglia, va a notare proprio questo, il che, portato ai nostri giorni, potrebbe far riflettere anche noi: le belle fanciulle destinate ai potenti, raccolte da un caporalato plebeo. Ci ricorda qualcosa? Ma andiamo avanti. “Finito lo spettacolo nel terrore, i genitori delle fanciulle fuggono affranti […] Le donne rapite, d’altra parte, non avevano maggiori speranze circa se stesse né minore indignazione. Ma Romolo in persona si aggirava tra di loro e le informava che la cosa era successa per l’arroganza dei loro padri che avevano negato ai vicini la possibilità di contrarre matrimoni; le donne, comunque, sarebbero diventate loro spose, avrebbero condiviso tutti i loro beni, la loro patria e, cosa di cui niente è più caro agli esseri umani, i figli. Che ora dunque frenassero la collera e affidassero il cuore a chi la sorte aveva già dato il loro corpo. Spesso al risentimento di un affronto segue l’armonia dell’accordo. Ed esse avrebbero avuto dei mariti tanto migliori in quanto ciascuno di par suo si sarebbe sforzato, facendo il proprio dovere, di supplire alla mancanza dei genitori e della patria”. Certo, messa così sembra quasi un affare. “A tutto questo si aggiungevano poi le attenzioni dei mariti (i quali giustificavano la cosa con il trasporto della passione), attenzioni che sono l’arma più efficace nei confronti dell’indole femminile”. Et voilà. Con queste parole Tito Livio, nel tempo stesso in cui cementa per sempre la violenza del maschio all’istintiva acquiescenza della femmina, consegna alla Storia la legittimazione politica dello stupro di massa. Una sordida storia di sequestro di persona, stupro e coercizione diventa dunque il Mito Fondante per eccellenza, quello di Roma, capitale di un reame di pastori che diventerà un impero. Noteremo questo legame sorprendente ma innegabile tra oltraggio al corpo delle donne e politica. Non è una roba di quelle fumose degli antichi, da far compagnia all’unicorno, l’ippogrifo e mitologia varia: non è nuovamente successo nella nostra civilissima e cristianissima Europa solo pochi anni fa? La conquista dello spazio vitale era prima di tutto conquista del corpo delle donne, nella ex- Jugoslavia, così come lo è in Cecenia oggi. D’altronde il nome stesso del nostro continente, non ci ricorda un altro ratto con stupro, quello appunto di Europa? Una fanciulla che gioca quieta in un prato, vede un bel torello bianco dagli occhi vellutati, gli sale in groppa, e il torello prende il largo, letteralmente, con lei sopra, incurante delle sue urla d’angoscia e dei pianti delle amiche sulla spiaggia. Inizialmente dunque Europa si chiameranno le terre che circondano quel mare, il Mediterraneo, attraversato e simbolicamente posseduto dal toro. Ma torniamo alle nostre Sabine. Il possesso del corpo delle donne, anzi no, lo stupro, è dunque uno degli elementi costitutivi della nostra civiltà. Questo semplice dato di fatto è pertanto giustamente celebrato in una serie di opere d’arte, quadri, sculture, affreschi. È piuttosto interessante notare come tale soggetto sia riprodotto, ad esempio, in molti cassoni nuziali, cioè quelle cassapanche più o meno riccamente decorate con cui secoli addietro le fanciulle di buona famiglia venivano spedite al marito portando con sé il corredo. Pur tuttavia, e diremmo quasi per un atto di carità, non insisteremo su questo sentiero alquanto sdrucciolevole ed infido, non fosse altro perché ci porterebbe a riflessioni veramente cupe sull’ontologia stessa della famiglia patriarcale. Concentriamoci invece sul fatto che quando si è voluto celebrare il potere di una casata, di una città o di una nazione, spesso se ne modellarono i fasti sull’impronta della storia romana. È per questo dunque che nel Palazzo dei Conservatori a Roma l’importante magistratura del Comune celebrava iconograficamente la sua potenza a partire, giusto, dal Ratto delle Sabine, che occupa per intero il lato a destra della sala d’ingresso. Ma venendo a tempi più moderni, come non rilevare che nell’emiciclo di Palazzo Montecitorio, elegantissimo scrigno liberty, i nostri rappresentanti politici concionano, si sbranano, e a volte legiferano, proprio sotto il fregio di Giulio Aristide Sartorio che celebra, con l’augusta storia del popolo italiano, anche il Ratto delle Sabine? Sarà per questo che ci hanno messo alcuni decenni ad elaborare un diritto di famiglia, una legge sull’aborto, ed una sullo stupro, che togliessero al corpo di donna lo statuto di oggetto su cui moraleggiare, filosofeggiare, di cui disporre liberamente anche con la violenza fisica e la coercizione legalizzata, per trasformarlo in un soggetto di diritto? Ed è proprio perché continuano ad avere sotto gli occhi quella scena, che cercano di demolire ora, con notevole tenacia, quel minimo di libertà e di diritto acquisito? Sia chiaro, non stiamo proponendo di scalpellare affreschi e distruggere opere d’arte. Ma solo di aprire gli occhi, questo sì. I diritti delle donne sono i più precari tra i diritti umani, mentre certe storie, e certe idee, sanno attraversare i secoli in ottima forma
nessuna colpa, nessuna vergogna!
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