RinTRACCIAte – Bobby Gentry

di Lucy Van Pelt

Da questo mese vorrei parlare di quelle musiciste del passato che vengono ricordate per un unico album se non addirittura pezzo e che saltuariamente meritano di essere però riascoltate. L’artista di questo mese è la cantante americana Bobbie Gentry (nome d’arte per Roberta Streeter). Nata nel 1944 è nota come una delle prime donne musiciste americane a scrivere e produrre il proprio materiale. Bobbie inizia a suonare a sette anni perchè sua nonna scambia delle mucche da latte della famiglia con il pianoforte di un vicino. Il pezzo che le farà raggiungere fama internazionale è Ode to Billie Joe nel 1967. Un brano che parla di suicidi e disgrazie familiari che si contrappongono alla banalità della routine quotidiana di una famiglia del Missisippi. Madre e figlia sperimentano una perdita comune e sono in grado di riconoscerla e condividere il loro dolore. Nonostante Ode to Billie Joe fosse originariamente il B-side del singolo Mississippi Delta, questa canzone ha venduto oltre 3 milioni di copie in tutto il mondo. Addirittura Bob Dylan ne fece una parodia nel suo album The Basement Tapes. Curiosità: Bobbie ha partecipato al Festival di Sanremo del 1968 con La siepe cantata in coppia con Al Bano.

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150 ragioni contro la Tav

Ecco il volumetto che spiega i motivi per cui la Tav in Val di Susa non s’ha da fare. L’autore è Mario Cavargna, presidente di Pro Natura Piemonte e master di ingegneria ambientale al Politecnico di Torino (ma la lettura è adatta a tutt*).

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Sesso globale: (IRL) (I) (GR) (KSA)

di Isabel

Irlanda: le magdalens, le donne schiave sfruttate dal Vaticano
Nel 2002 Peter Mullan ne fece un film The magdalene sisters. La storia è quella che il Comitato contro le torture continua a denunciare all’ONU. Cioè aprire un’inchiesta per far avere un risarcimento alle donne che dal 1922 al 1996 sono passate per le lavanderie gestite da quattro ordini religiosi in Irlanda. Donne considerate “perdute” rinchiuse a lavare panni gratis agli ordini delle suore cattoliche, e in alcuni casi anche a subire regolari violenze psicologiche, fisiche, spesso sessuali. Ma negli anni non sono bastate le denunce e i film sul caso, il Vaticano continua a tacere e a non riconoscere nessun tipo di risarcimento Continua a leggere

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FRANCA VALERI: SONO STATA ANCHE IO UN’ALUNNA INTERROGATEMI

di Isabel
(xxd 9, luglio 2011)
“Se è vero che in Italia le donne hanno per anni taciuto o parlato poco quella della Valeri è stata la voce femminile più rilevata a parlare dell’Italia che stava cambiando. Probabilmente per la prima volta un’attrice si affermava da noi non solo in virtù delle sue doti di interprete ma anche per l’originalità della sua scrittura drammaturgica e scenica”. Con queste parole il relatore Paolo Bosisio, professore di discipline dello spettacolo ha presentato il 20 giugno scorso la “candidata” Franca Norsa in arte Valeri in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze dello Spettacolo all’ Università Statale di Milano. Un evento emozionante e molto partecipato da amici, insegnanti e fans quello che nella sala Napoleonica di Palazzo Greppi ha visto l’attrice, in toga accademica, tenere la sua lectio magistralis dal titolo «Una vocazione storica». Continua a leggere

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Una Sabrina che è speranza

E’ partito da Sesto San Giovanni il tour del nuovo spettacolo di Sabina Guzzanti. Sississiohsì! è da vedere, per guardare oltre al ventennio berlusconiano.

Due ore intense in cui si ragiona e ci si diverte e si torna a casa credendo che sta veramente cambiando qualcosa in Italia, che c’è stata La Svolta, a partire dalle manifestazioni degli studenti di fine 2010 fino all’esito dei referendum.

I personaggi interpretati dall’attrice si confrontano con le ultime novità della cronaca e per due ore il pubblico non si stanca di ascoltare le nuove battute di cui non anticipiamo nulla.

Le prossime date sul sito ufficiale

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Per Marta 2

Apprendiamo ora che Marta Bifani è stata scarcerata insieme agli altri tre arrestati domenica 3 luglio in Val di Susa, ed è ora agli arresti domiciliari. Un forte abbraccio a lei e agli altri attivisti No Tav, siamo content* di questa notizia!

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INTERVISTA A PORPORA

Di Stefania Prandi. (xxd 9, luglio 2011)

Il Mit non è d’accordo sulla definizione di transessualità come portatrici e portatori di una “disforia di genere”.

Euforia di genere. Così mi piace chiamare il transessualismo. La nostra non è una disforia di genere, come sostiene il Dsm, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Viviamo in un mondo, in una cultura che ha fondato tutta la sua esistenza sulla dicotomia maschio femmina e tutto si sviluppa di conseguenza. È soltanto tirandosi fuori da questo schema che si possono avere

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EUFORIA DI GENERE

di Stefania Prandi. (xxd 9, luglio 2011)

Essere transessuali non significa avere un disturbo mentale. Ne sono convinti gli psichiatri, gli avvocati e gli attivisti delle associazioni che fanno parte della Rete internazionale per la depatologizzazione delle identità trans. Questo movimento chiede che il transessualismo venga tolto dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm, acronimo della sigla inglese Diagnostic and statistical manual), considerato la Bibbia della psichiatria, visto il larghissimo numero di specialisti che lo utilizzano come principale riferimento per la propria attività clinica e di ricerca. Il Dsm classifica il transessualismo come “disturbo dell’identità di genere” (Dig) – chiamandolo anche “disforia di genere”. Tra i criteri diagnostici include “una forte e persistente identificazione col sesso opposto” e “un persistente malessere riguardo al proprio sesso o senso di estraneità riguardo al ruolo sessuale del proprio sesso”.
Da anni psichiatri e attivisti contestano la patologizzazione del transessualismo. La loro battaglia è diventata di particolare attualità perché all’inizio del 2012 il Dsm (la cui ultima edizione risale al 1994) dovrà essere rinnovato.

Secondo le indicazioni in vigore,  soltanto dopo la diagnosi di uno specialista si può procedere con la cura ormonale, l’intervento chirurgico per la rimozione degli organi riproduttori (e per l’eventuale ricostruzione degli organi genitali) e il conseguente cambio di nome sui documenti di identità. La Rete per la depatologizzazione del transessualismo chiede, attraverso l’eliminazione della diagnosi, che la persona transessuale venga messa nella condizione di decidere da sola che cosa fare con il proprio corpo. Come viene spiegato nel manifesto che è stato redatto in occasione della campagna per il 2012, la diagnosi non rappresenta altro che un dispositivo attraverso il quale le “identità e i corpi” delle persone transessuali vengono riconosciuti come “non a norma”.

“La psichiatrizzazione – si legge nel manifesto – dà di fatto alle istituzioni medico- psichiatriche il controllo delle nostre identità di genere. La pratica corrente di queste istituzioni, motivate da interessi di stato, religiosi, economici e politici, riflette e riproduce il binomio maschio/femmina, spacciando questa posizione per quella “vera” e naturale. Questo binomio suppone la sola esistenza di due corpi (maschio e femmina) e associa un determinato comportamento a ciascuno di essi (maschile e femminile). Allo stesso tempo ha tradizionalmente considerato l’eterosessualità come l’unica possibile relazione tra i due”.
Depatologizzare il transessualismo, però, potrebbe avere una conseguenza che non tutti i e le trans sono disposti ad accettare: la perdita del sostegno economico da parte dello Stato nel percorso di transizione e nell’operazione. Uno Stato che accettasse che è un diritto delle persone transessuali “cambiare nome e sesso sui documenti ufficiali senza doversi sottoporre a monitoraggio medico o psichiatrico” e che rinunciasse ad avere giurisdizione su nomi, corpi o identità, potrebbe sentirsi sollevato dal dovere di sostenere economicamente il percorso di transizione che, a quel punto, assumerebbe il valore di una pura scelta personale. Se questo rischio diventasse realtà, il percorso del cambio di sesso diventerebbe possibile soltanto per i pochi ricchi in grado di pagare di tasca propria. Come spiega Judith Butler nel saggio “Dilemmi diagnostici” contenuto nella raccolta di saggi La disfatta del genere, “sebbene la diagnosi di disforia di genere sia passabile di aspre critiche sarebbe errato esigerne l’annullamento senza prima aver creato un insieme di strutture attraverso le quali poter sostenere economicamente il cambio di sesso e acquistare lo status legale. In altre parole se la diagnosi rappresenta oggi lo strumento attraverso cui è possibile raggiungere i benefici e lo status desiderati non è semplice eliminarla, senza prima avere trovato altri modi, stabili nel tempo, per ottenere gli stessi risultati”.

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Matrimoni forzati, l’Italia finge di non sapere

Di Trama di terre

Il convegno Per forza, non per amore (Imola, 27 maggio 2011) ha presentato i risultati di una ricerca sui matrimoni forzati in Emilia-Romagna, svolta dell’Associazione Trama di Terre e finanziata dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito del progetto “Dialogo e integrazione interculturali”.

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TURISMO RESPONSABILE SENZA OMOFOBIA

di Ornella Guzzetti. (xxd 9, luglio 2011)
Come scegliere la meta delle vacanze? Ciascuna/o ha propri criteri e priorità ma poniamo di non riuscire a districarci tra diverse soluzioni. Ecco un’idea per cancellare qualche paese dalla lista: come si è comportato nella tutela dei diritti umani? In questo articolo parleremo in particolare di quale posizione i paesi possibili mete di viaggio hanno verso gli omosessuali.

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